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Lunedì 2 Luglio 2021 |
Buongiorno dalla redazione di Medlinetv, la TV via internet dedicata ai medici specialisti. Questa settimana aggiornamenti, speciali, interviste, commenti e casi clinici.
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UROLOGIA
XXVIII Congresso Nazionale AURO.it. Trattamento conservativo del carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice. Durante lo svolgimento del XXVIII Congresso Nazionale AURO.it - Associazione Urologi Italiani si è tenuto un dibattito strutturato in collaborazione con ESUT - EAU (European Association of Urology) Section of Uro-Technology dedicato al trattamento conservativo delle neoplasie uroteliali dell’alta via escretrice. “La chirurgia conservativa si è ormai imposta in molti ambiti della chirurgia uro-oncologica” – riporta il dott. Roberto Sanseverino, Direttore UOC Urologia dell’Ospedale Umberto I di Nocera Inferiore (Sa). “Si pensi al trattamento conservativo nei tumori parenchimali del rene, alla tendenza che oggi si sta consolidando nel trattamento focale nel carcinoma prostatico e a tutti i programmi di terapia conservativa delle neoplasie muscolo invasive della vescica. I carcinomi uroteliali dell’alta via escretrice rappresentano un campo particolarmente delicato per la difficoltà di accesso e per il loro carattere piuttosto aggressivo. Per tali motivi la chirurgia conservativa ha avuto delle difficoltà a svilupparsi in questo settore. Ad ogni modo, le tecniche endoscopiche di cui disponiamo oggi consentono di aggredire in maniera efficace queste lesioni”. Conclude il dottore: “non c’è dubbio che il futuro ci riserverà un approccio sempre più conservativo”. Dott. Roberto Sanseverino – Direttore UOC Urologia, Ospedale Umberto I di Nocera Inferiore (Sa)
ENDOCRINOLOGIA
Iperparatiroidismo primario lieve e rischio di malattia cardiovascolare. È stata pubblicata recentemente sulla rivista scientifica ‘The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism’ la prima metanalisi che ha analizzato la relazione tra iperparatiroidismo primario e rischio cardiovascolare, misurato attraverso la rigidità arteriosa. “Le forme lievi di iperparatiroidismo primario sono le più frequenti e interessano fino all’11% della popolazione femminile in menopausa” – afferma la dott.ssa Stella Bernardi, Ricercatrice in Endocrinologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Trieste. “Studiando la relazione tra questa malattia e la rigidità arteriosa – fattore di rischio indipendente per morbidità e mortalità cardiovascolare – ed esaminando la letteratura, abbiamo scoperto che nei pazienti con iperparatiroidismo primario lieve c’è un aumento della rigidità arteriosa e quindi del rischio CV. Dato ancora più interessante: si assiste ad una riduzione significativa della rigidità arteriosa dopo l’intervento di paratiroidectomia. Saranno necessari ulteriori studi per: confermare i dati, individuare un cut-off di rigidità arteriosa oltre al quale intervenire chirurgicamente e asportare la fonte della secrezione anomala del parato-ormone, valutare pazienti con fattori aggiuntivi di rischio CV”. Dott.ssa Stella Bernardi – Ricercatrice in Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Trieste
ONCOLOGIA Leucemia linfatica cronica. Nuovi dati dello studio CAPTIVATE. Combinazione Ibrutinib più Venetoclax.I nuovi dati dello studio CAPTIVATE di fase 2, sulla coorte di pazienti con trattamento a durata fissa, sono stati presentati nel corso del Congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) 2021 dall’azienda farmaceutica Janssen. “159 soggetti con leucemia linfatica cronica, dai 70 anni in giù, sono stati arruolati per essere trattati con 3 mesi di Ibrutinib seguiti da una combinazione per 12 mesi di Ibrutinib più Venetoclax” – spiega il prof. Paolo Ghia, Professore di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e principale ricercatore dello studio. “La combinazione di questi farmaci ha portato ad un tasso di risposta complessiva di oltre il 95% e alla remissione completa nel 56% dei pazienti. È stato raggiunto il livello di malattia minima residua non rilevabile nel 77% dei casi nel sangue periferico e nel 60% dei casi nel sangue midollare. A 24 mesi il 95% degli arruolati è ancora libero da progressione”. Pertanto, sottolinea il professore: “lo studio prospetta la possibilità di offrire ai pazienti con leucemia linfatica cronica un trattamento in prima linea a durata fissa ben tollerato, evitando un’esposizione ai farmaci di lunga durata, degli eventi avversi a lungo termine e l’eventuale insorgenza di una resistenza”.Prof. Paolo Ghia – Professore di Oncologia Medica, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
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